Casa BallaDalla casa all’universo e ritorno
galleria 5 e quartiere Della Vittoria
a cura di Bartolomeo Pietromarchi, Domitilla Dardi
lunedì chiuso
da martedì a domenica 11 – 19
la biglietteria è aperta fino a un’ora prima della chiusura del Museo
valido per tutte le mostre del museo fino al 26 novembre
acquista online
per i giovani da 18 a 25 anni (non compiuti); per gruppi a partire
da 15 persone; giornalisti iscritti all’albo con tessera di riconoscimento valida; possessori biglietto d’ingresso La Galleria Nazionale, Museo Ebraico di Roma; con esibizione della tessera o badge di riconoscimento: Accademia Costume & Moda, Accademia Fotografica, Biblioteche di Roma, Centro Sperimentale di Cinematografia, Enel (per titolare badge e accompagnatore), FAI – Fondo Ambiente Italiano, Feltrinelli, IN/ARCH – Istituto Nazionale di Architettura, Sapienza Università di Roma, LAZIOcrea, Palazzo delle Esposizioni, Amici di Palazzo Strozzi, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Scuola Internazionale di Comics, Teatro Olimpico, Teatro dell’Opera di Roma, Teatro di Roma, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Youthcard
valido per un anno dalla data di acquisto
minori di 18 anni; disabili che necessitano di accompagnatore; possessori di EU Disability Card e accompagnatore; dipendenti MiC; accompagnatori e guide turistiche dell’Unione Europea, munite di licenza (rif. circolare n.20/2016 DG-Musei); 1 insegnante ogni 10 studenti; soci AMACI; membri CIMAM – International Committee for Museums and Collections of Modern Art; membri ICOM; giornalisti (che possano comprovare la propria attività); possessori della membership card myMAXXI; studenti e ricercatori universitari di storia dell’arte e architettura dell’Unione Europea, studenti delle accademie di belle arti pubbliche (iscritte AFAM) e studenti Temple University Rome Campus da martedì a venerdì (esclusi festivi); docenti IED – Istituto Europeo di Design, docenti NABA – Nuova Accademia di Belle Arti, docenti RUFA – Rome University of Fine Arts; con esibizione della tessera o badge di riconoscimento: Collezione Peggy Guggenheim a Venezia, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Sotheby’s Preferred, MEP – Maison Européenne de la Photographie; il giorno del tuo compleanno presentando un documento di identità
La Collezione di arte e architettura del MAXXI rappresenta l’elemento fondante del museo e ne definisce l’identità. Da ottobre 2015 è esposta con diversi allestimenti di opere.
galleria 5 e quartiere Della Vittoria
a cura di Bartolomeo Pietromarchi, Domitilla Dardi
lunedì chiuso
da martedì a domenica 11 – 19
la biglietteria è aperta fino a un’ora prima della chiusura del Museo
La ricerca con il mezzo filmico di Ila Bêka e Louise Lemoine (lavorano insieme dal 2005) indaga l’architettura contemporanea nella sua dimensione socio antropologica di luogo vivo e di spazio vissuto. Videoartisti e filmmaker, Bêka e Lemoine realizzano opere che esplorano l’ordinario, il quotidiano nell’ambiente costruito per approfondire l’aspetto umano dell’architettura e delle sue forme e costruire nuove narrazioni dell’abitare: i protagonisti dei loro racconti sono gli edifici e chi li vive tutti i giorni. È dunque l’esperienza del vissuto, passato e presente, al centro dell’interesse del duo di architectural artists – la cui filmografia è stata acquisita nel 2016 dal MoMA di New York – in lavori quali Koolhaas Houselife (2008) ambientato nella Maison à Bordeaux, casa disegnata da Rem Koolhaas nel 1998 e letta attraverso le storie della domestica Guadalupe Acedo, The Infinite Happiness (2015) incentrato sul complesso residenziale 8 House di Copenaghen, costruito da Bjarke Ingels e narrato da chi lo abita, o Homo Urbanus (2017-2019), un esempio di cinema d’osservazione dedicato allo spazio pubblico di varie metropoli come palcoscenico delle nostre società urbane sulla relazione tra spazi e corpi in diverse città del mondo.
Casa Balla vista da Bêka e Lemoine è la scoperta di ciò che un tempo fu l’hortus conclusus della famiglia Balla, un viaggio all’interno di un’abitazione piccolo borghese che era al contempo casa, atelier, laboratorio, salotto culturale, un’esplorazione stanza per stanza fin nel cuore dell’appartamento. Facendo riferimento a film quali Roma di Federico Fellini e la scoperta degli affreschi durante gli scavi della metropolitana o a Cave of Forgotten Dreams di Werner Herzog sulla grotta Chauvet nell’Ardèche, a Casa Balla gli artisti si muovono negli spazi interstiziali, ricostruendo gli ambienti come in un puzzle fatto di angoli, oggetti, arredi, dettagli, colori e suoni.
foto: Ila Bêka & Louise Lemoine “La grotta del futuro Anteriore”, 2021, film a colori, 4K, stereo, 16’ 15’’, collezione privata
Carlo Benvenuto (1966) ha scelto sin dal principio la fotografia quale medium del suo operare. Ritrae principalmente oggetti quotidiani in scala 1:1 su fondo neutro, creando una rarefatta e delicata atmosfera di attesa. Le nature morte che l’artista compone, nella sua casa e utilizzando le sue cose, aprono a dimensioni visive stranianti, metafisiche, in cui si percepisce chiaramente una sospensione della realtà, dove l’usuale e il quotidiano diventano altro e il tempo sospeso crea lo spazio dell’immagine.
L’assenza di elementi circostanti trasforma le cose comuni in un mistero; tutto è avvolto da una luce morbida dalle qualità pittoriche, grazie anche all’uso esclusivo del banco ottico. Con una ricerca al limite della perfezione, forma, composizione, relazione tra gli oggetti sono i punti focali dell’occhio dell’artista insieme a un bilanciamento della luce e dei colori che rendono irreale e assoluta la più semplice delle sue composizioni.
Nel corpus di opere creato da Benvenuto per Casa Balla, il numero di «Le Figaro» che nel 1909 ospitò il Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti diventa «una natura morta classica che cita il ritorno all’ordine delle avanguardie, un po’ Severini post cubista, un po’ realismo magico»; la carta stagnola, materiale già presente nello studio di Giacomo Balla, è «una zona di luce nella quale appare una natura morta lunare […] e il limone è come un pianeta giallo, fermo nel cosmo minimo del piano d’alluminio»; la plastica rosso-arancio dei bicchieri è «il futuro immaginato, indistruttibile, infrangibile. I bicchieri sono sovrapponibili, salvaspazio, industriali, leggeri…»; uno straccio per pavimenti rimanda a una scultura ready-made di duchampiana memoria; un tavolo da gioco dal sapore orientale esposto due volte crea uno slittamento, «un effetto di movimento, di disegno tecnico da manuale vintage di istruzioni d’uso. Qui la lastra di vetro diventa come un’ala che rende più dinamica e metafisica la composizione».
foto: Carlo Benvenuto, ‘Senza titolo’, 2021, C-print, Galleria Mazzoli, Modena/Berlino
Cassina nella sua attività di promozione culturale, approfondimento dei temi dell’abitare e valorizzazione degli autori in collezione, ha progettato, su disegno di Patricia Urquiola, The Communal Table, per celebrare l’opera di Giacomo Balla.
Nella ricerca su spazi e oggetti Patricia Urquiola (1961), art director di Cassina dal 2015, indaga il concetto di ospitalità intorno al quale si concentra la sua visione umanista dell’architettura e del design. Il processo creativo di Urquiola è condotto in stretto dialogo con il committente e si basa su una forte relazione con il luogo, con lo spazio e con le persone che lo abitano, andando in questo modo a indagare temi attuali e urgenti quali la sostenibilità ambientale, il senso del tempo e l’eredità della storia. È proprio dallo scambio umano e sociale che nascono molte delle sue creazioni, disegnate nel corso della carriera per importanti aziende internazionali. La sensibilità artigianale dell’homo faber, la tradizione del fare e quella del luogo dialogano nei progetti di Urquiola con la ricerca dei materiali e la sperimentazione.
In un incontro tra design, tecnologia e sensibilità umanistica, The Communal Table progettato da Urquiola e prodotto da Cassina per Casa Balla vuole essere un luogo di condivisione e di scambio tra le persone e tra le arti, vicino al pensiero di Balla e del futurismo in generale. The Communal Table è composto da elementi modulari fatti di piani di simmetria incastrati à la Balla. Come nelle sue Compenetrazioni iridescenti degli anni dieci – indagini analitiche condotte dall’artista sul colore – sono proprio il colore e le trasparenze i protagonisti del tavolo: oggetto che testimonia come la poetica dell’artigianale in Balla sia non solo attuale, ma anche traducibile con tecniche e materiali dell’oggi e del domani.
foto: Cassina con Patricia Urquiola, “The Communal Table”, 2021
Artista, poeta e coreografo, la pratica di Alex Cecchetti (1977) è multimediale e fonde performance, danza, scultura, video, disegno e poesia, per costruire nuove visioni e narrazioni del reale. Il gioco, l’immaginazione e la possibilità di dare vita all’impensabile sono le modalità con cui l’artista investiga il mondo e le sue relazioni. L’azione performativa è sentita come momento in cui forma e processo si mostrano nella loro reciproca e inattesa relazione. Interessato alle rotture di senso e vicino a un’idea di arte come spazio di inclusione e condivisione, Cecchetti realizza luoghi di creatività interconnessa. È ciò che avviene in Come la luna si vede a volte in pieno giorno, un progetto ideato e presentato nel 2020 al SEMA – Seoul Museum of Art e al Bâtiment d’Art Contemporain di Ginevra che in questa occasione giunge a compimento quale creazione di spirito balliano che vede nell’opera d’arte totale la fusione di corpo, mente, teatro, scultura, moda, danza, musica e arte artigiana. «Non chiamatele performance – afferma l’artista –, i miei sono incantamenti. Gli spettatori sono invitati a prendere posto al centro della visione, diventare dei visionari appunto. Per riuscirci serve l’incanto. Questo è il mio lavoro, sono un incantatore».
Le registrazioni NASA dei pianeti del nostro sistema solare, le danze dei dervisci della tradizione sufi che raggiungono l’estasi mistica, il fungo Trametes versicolor quale rigeneratore di vita: sono questi alcuni degli elementi e delle suggestioni dell’opera Come la luna si vede a volte in pieno giorno, nella quale si legge anche l’interesse, di Balla e di Cecchetti, per una dimensione mistica ed esoterica del mondo e che vede confluire musica e danza in un unico spazio-tempo dove il pubblico è invitato a entrare e a farsi esso stesso opera d’arte. Un coro canta a cappella i suoni del cosmo interpretando un brano composto da Cecchetti insieme al compositore newyorkese Brian Shank; il pubblico danza indossando le gonne dei dervisci sulle quali l’artista ha dipinto le forme ipnotiche del fungo, nell’opera d’arte si attua un processo trasformativo, di creazione e rigenerazione: «A cosa serve conoscere l’universo quando si è l’universo?».
foto: Alex Cecchetti, “Trametes versicolor”, 2021, acquerello su carta, collezione dell’artista
I grandi interventi site specific di Jim Lambie (1964) rileggono lo spazio grazie a interazioni caleidoscopiche e compenetrazioni tra forme geometriche e colori vividi. Nei suoi ambienti l’artista ingloba elementi di cultura pop e musicale (Lambie è anche musicista e DJ), prendendo in prestito oggetti dal quotidiano: sedie, vestiti, porte, manifesti, tutto rientra in una profonda indagine sull’estetica del contemporaneo.
Grazie a un immaginario ludico e fantasioso Lambie studia la psicologia dello spazio. L’artista interviene sul pavimento con dei pattern dal forte impatto visivo che alterano i luoghi e tutto ciò che essi contengono e aprono a visioni psichedeliche, emozionali e finanche a un rovesciamento della percezione della realtà. Nelle linee tracciate sul pavimento con il nastro adesivo vinilico, gestualità artigianale dalle qualità sinestetiche e cinetiche che evidenzia il «come far svanire il lato duro delle cose e aprirsi al paesaggio dell’onirico», Lambie rivela le idiosincrasie intrinseche all’architettura degli spazi.
The Strokes (Surround Sound), il cui titolo è un omaggio al gruppo indie rock newyorkese degli anni novanta ma anche alle pennellate di colore sulla tela, è un’installazione pensata da Lambie appositamente per gli ascensori del MAXXI che dalla hall d’ingresso conducono alla Galleria 5: spazi di passaggio come i numerosi in cui l’artista è già intervenuto. Le linee curve di vinile bianco e nero che ricoprono le superfici di entrambe le cabine creano uno spaesamento visivo e sensoriale che, come nel corridoio di via Oslavia, trasforma uno spazio di servizio in opera d’arte totale e totalizzante. Allo stesso modo di Casa Balla, gli ambienti di Lambie sono destrutturanti e immersivi e offrono al visitatore una nuova esperienza spazio-temporale.
foto © Roberto Apa
Il lavoro di Emiliano Maggi (1977) è caleidoscopico e si alimenta di un forte simbolismo, di riferimenti mitologici e di visioni immaginifiche; numerosi sono nelle sue opere i rimandi all’iconografia popolare e alla natura ancestrale, indagate dall’artista con una ricerca che intreccia linguaggi diversi, quali la performance, la scultura, la pittura, le sperimentazioni sonore e l’arte tessile e orafa. Il corpo dell’artista, in particolare, si trasforma in un territorio per sperimentare infinite visioni del sé che si manifestano nella mutevolezza di vestizioni e mascheramenti.
La ceramica è elemento centrale della ricerca plastica con cui l’artista crea nuovi paesaggi della mente, immersivi e atemporali. Per Casa Balla Maggi ha realizzato tre sculture di legno, bronzo, ceramica e specchio, ognuna intitolata Notturno come il corpo di opere di Luce Balla. I Notturni richiamano alla mente i celebri paraventi di Giacomo Balla, tra cui quelli disegnati per la casa di via Oslavia, oggetti d’arredo artigianale e opere d’arte. I paravant di Maggi raccontano il tema ancestrale del sogno e racchiudono il mondo della notte e quello del sonno, il regno dell’immaginario e dell’immaginifico, temi centrali di tutto il lavoro dell’artista. Onirica è anche la sua scultura di ceramica Autoritratto all’alba (2021), così come lo sono l’Autoritratto notturno di Balla del 1909 e lo specchio del paravant, nell’esperienza deformante del quale il visitatore si trova immerso osservando i Notturni.
I colori scelti per il legno, il blu profondo di una notte senza stelle e l’azzurro intenso dell’alba, sono sfumature di cieli notturni simili a quelli che Balla realizzava agli inizi del secolo scorso quando dalla sua casa ai Parioli vedeva Le torri del Museo Borghese illuminate dalla luna piena (1905). Il colore e la luce, elementi focali della ricerca del maestro futurista, suggestionano anche Maggi: la luce non è solo «funzionale», come scriveva Maurizio Fagiolo dell’Arco per Balla, ma è anche una luce «che ha per fine la meraviglia».
foto: Emiliano Maggi, “Autoritratto all’alba”, 2021, ceramica, legno, ottone
La ricerca di Leonardo Sonnoli (1962) è da anni incentrata sulla parola scritta, sulla grafia che si formalizza in tipografia, sul lettering. Nei suoi progetti Sonnoli concepisce un alfabeto visivo al limite tra la leggibilità di ciò che è scritto e la creazione di un nuovo linguaggio grafico. L’idea dell’alfabeto inteso come forma è al centro delle sue produzioni, che hanno visto la collaborazione con numerose istituzioni internazionali come il castello di Versailles per la grafica ambientale delle aree di accoglienza, la Biennale Arte di Venezia 2003 per l’identità visiva della mostra internazionale Sogni e Conflitti. La dittatura dello spettatore e Palazzo Grassi per la comunicazione delle proprie attività.
Gli elementi alfabetici di Sonnoli si compenetrano in composizioni spaziali, tra superficie bidimensionale e spazio tridimensionale. Cinque sono le parole, i concetti cari al pensiero di Balla scelti dall’autore per questo progetto: non vedere doppio, non dirlo, tik tak, universo e lettura modificante che diventano, nell’intervento di Sonnoli, grafemi aperti a nuovi significati e interpretazioni e che, come nelle opere del Maestro torinese, «approfondiscono e problematizzano la dinamica strutturale dei processi comunicativi»1. È dunque una lettura modificante quella che fa l’autore, un intervento che trasforma il contesto di partenza traducendo in chiave contemporanea la complessità futuristica dell’universo di Balla.
I testi riscritti da Sonnoli diventano in questo modo presenze fisiche, i caratteri tipografici acquistano una terza dimensione e grazie alle tecnologie digitali (gif ecc.) conquistano il movimento, così come avviene nell’identità visiva ideata dallo stesso Sonnoli per l’intero progetto Casa Balla.
foto: Leonardo Sonnoli, “tik tak”, 2021, composizione tipografica, collezione dell’autore
Il lavoro di Space Popular, studio di design e architettura fondato da Lara Lesmes e Fredrik Hellberg nel 2013, si colloca a cavallo tra lo spazio reale e quello virtuale e vede l’uno integrarsi costantemente nell’altro. La loro sperimentazione continua con la tecnologia traduce in ogni ambito di ricerca stili e pattern visivi, in un flusso eclettico che passa dal physical al digital creando universi misti (mixed universes) quali luoghi di interazione e condivisione. Space Popular indaga l’architettura del reale, collaborando con aziende per la progettazione di edifici, arredi e interiors, e l’architettura del virtuale, immaginando nuovi spazi esperienziali in occasione di inviti a mostre, festival e biennali internazionali.
Quella di Space Popular è una ricerca fluida e a tutto tondo nell’Immersive Internet (conosciuto anche come Metaverse) che dialoga futuristicamente con l’opera d’arte totale di Giacomo Balla: con le sue sperimentazioni sul dinamismo e la simultaneità di spazi ed eventi, il suo interesse per il popular, il suo uso della decorazione e del colore e, ancora, con l’immaginazione futurista nella creazione di nuovi mondi. Basandosi sulla pratica del gaming, Space Popular dà vita a esperienze spaziali interattive che «esplodono in tutta la loro ricchezza e varietà».
Camera Balla è un’opera d’arte virtuale e insieme un film. Il titolo rimanda alle stanze di via Oslavia, pensate da Balla per viverci e anche per custodire arte, ma anche alla macchina fotografica quale strumento di documentazione di informazioni visive bidimensionali: con Camera Balla il visitatore intraprende un viaggio virtuale all’interno della Casa nel quale lo sguardo della fotografia stenospeica, per Balla mezzo di indagine del movimento, crea un paesaggio visivo fatto di stanze sferiche e di pianeti in divenire. Casa Balla nell’inedito lavoro di Space Popular è uno spazio da scoprire voyeristicamente con altri visitatori, un luogo dove si moltiplica l’esperienza collettiva del cosmo balliano.
visita Camera Balla >> cameraballa.net
foto: Space Popular, Camera Balla, still da video
Per la prima volta, apre al pubblico la straordinaria casa futurista a Roma nella quale Giacomo Balla visse e lavorò dal 1929 sino alla morte.
In trent’anni Giacomo Balla (1871-1958) trasformò l’intera abitazione di famiglia in una vera e propria opera d’arte, un laboratorio di sperimentazione fatto di pareti dipinte, di una miriade di mobili, arredamenti, utensili decorati, di numerosi quadri e sculture, di abiti da lui disegnati e di tanti altri oggetti che, insieme, hanno creato un unico e caleidoscopico progetto totale.
Oltre all’apertura al pubblico della Casa romana, il progetto prevede un’importante mostra tematica ospitata nella spettacolare galleria 5 del MAXXI. Qui esposte opere inedite ideate e create per l’occasione che riflettono sulle numerose suggestioni di Casa Balla, opera d’arte totale, facendo emergere la profonda attualità di pensiero del poliedrico Maestro.
A indagare Casa Balla sono stati invitati artisti e creativi internazionali – Ila Bêka & Louise Lemoine, Carlo Benvenuto, Alex Cecchetti, Jim Lambie, Emiliano Maggi, Leonardo Sonnoli, Space Popular e Cassina con Patricia Urquiola – le cui produzioni incontrano alcuni importanti prestiti di Giacomo Balla nello spazio della galleria.
Il progetto è prodotto e realizzato dal MAXXI in collaborazione con la Soprintendenza Speciale di Roma Archeologia Belle Arti e Paesaggio, con il supporto della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura e il contributo di Banca d’Italia e degli sponsor Laura Biagiotti, Mastercard e Cassina.
artisti e opere in mostra
Ila Bêka & Louise Lemoine. La grotta del futuro Anteriore
Carlo Benvenuto. Senza titolo
Cassina con Patricia Urquiola. The Communal Table
Alex Cecchetti. Come la luna si vede a volte in pieno giorno
Jim Lambie. The Strokes (Surround Sound)
Emiliano Maggi. Notturni
Leonardo Sonnoli. Lettere a Balla
Space Popular. Camera Balla
Cataloghi della mostra
Catalogo della mostra 2021
Casa Balla. Dalla casa all’universo e ritorno